Negli ultimi anni, la videosorveglianza in condominio è diventata uno strumento sempre più diffuso per garantire la sicurezza degli spazi comuni e tutelare i residenti. Tuttavia, è fondamentale comprendere chi può installare un impianto di videosorveglianza e quali sono le regole da rispettare, soprattutto in riferimento alle aree comuni. In questo articolo scopriamo le principali differenze tra impianti condominiali e impianti privati, e come orientarsi tra diritti, doveri e limiti.


Videosorveglianza in condominio: la delibera assembleare

Quando il condominio decide di dotarsi di un sistema di videosorveglianza per proteggere l’intero stabile, l’installazione deve avvenire nel rispetto di precise norme. Le telecamere possono essere collocate in aree comuni come ingressi, scale, cortili o parcheggi, ma la decisione deve essere presa collegialmente.

Per legge, infatti, serve una delibera assembleare approvata dalla maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio, come previsto dall’articolo 1136 del Codice Civile. Solo dopo l’approvazione, il condominio assume la titolarità del trattamento dei dati raccolti.

L’amministratore ha la responsabilità di gestire le immagini, che devono essere conservate per un periodo limitato (generalmente 24-48 ore) e accessibili esclusivamente a soggetti autorizzati, quali l’amministratore stesso o le forze dell’ordine in caso di reato. Inoltre, è obbligatorio segnalare la presenza delle telecamere con cartelli ben visibili, per informare sia i condomini che i visitatori .

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Se il condominio impiega personale, come custodi o portieri, è indispensabile rispettare le normative a tutela dei lavoratori, predisponendo una relazione tecnica dettagliata da presentare all’Ispettorato del Lavoro. Questa documentazione deve illustrare le finalità della videosorveglianza in condominio, i tempi di conservazione e le misure di sicurezza adottate.

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L’impianto privato: cosa può fare il singolo condomino

Il singolo condomino ha la facoltà di installare telecamere per proteggere la propria proprietà esclusiva, come il proprio appartamento o un’area di pertinenza privata, senza necessità di autorizzazioni assembleari. Tuttavia, è importante che le riprese non invadano spazi comuni o proprietà altrui.

Spesso però, per sorvegliare l’accesso all’appartamento, è necessario includere una piccola porzione di spazio comune, come il pianerottolo. La legge consente questa pratica solo se strettamente indispensabile e limitata al minimo indispensabile. È invece vietato riprendere aree comuni più ampie, come scale, portoni, ingressi condominiali o parcheggi, senza una delibera assembleare.

Facendo quindi degli esempi pratici il condomino può installare una telecamera sulla propria porta d’ingresso per controllare chi si avvicina direttamente all’appartamento, nel proprio cortile o giardino privato e, ovviamente, all’interno del proprio appartamento. È invece vietato riprendere aree comuni estese, come scale, portoni condominiali o parcheggi, senza il consenso dell’assemblea condominiale.

Il proprietario è responsabile della gestione delle immagini, che devono rispettare la privacy degli altri condomini. Sebbene non sia obbligatorio, è consigliabile informare l’amministratore e gli altri condomini e installare cartelli informativi per prevenire eventuali controversie.

Videosorveglianza in condominio tra sicurezza e rispetto della privacy

La videosorveglianza in condominio è uno strumento utile per aumentare la sicurezza e prevenire furti o danneggiamenti, ma deve sempre essere implementata nel rispetto delle norme di legge e della privacy dei residenti. Che si tratti di un impianto condominiale deliberato in assemblea o di un sistema privato installato da un singolo condomino, è essenziale seguire le regole stabilite per evitare sanzioni e garantire una convivenza serena.

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  • cartelli di Videosorveglianza: crea i cartelli obbligatori per l’area videosorvegliata, introdotti nel gennaio 2020 per garantire la conformità al GDPR;
  • autorizzazione Videosorveglianza: genera la documentazione necessaria per richiedere l’autorizzazione alla Direzione Territoriale del Lavoro.

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